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C'era la guerra...(10)
C'era la guerra (decima parte)
Un'inedita rilettura della 2^ Guerra Mondiale scritta da
D.L.A. SEGALA


(Decima parte)

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L’entrata in guerra dell’Italia non sembra destinata a spostare gli equilibri in campo comunque già nettamente a favore della Germania.
L’Inghilterra, perso l’alleato francese, è rimasto sola a fronteggiare l’avanzata tedesca e a questi ultimi quasi non par vero quanto stia diventando facile arrivare alla vittoria finale.
Il 22 luglio 1940 Hitler offre un’improbabile pace agli inglesi che, ovviamente, la respingono.

Così, in agosto, inizia sui cieli della Gran Bretagna quella che potrebbe essere la battaglia finale ma che a causa di eccessiva presunzione non si rivelerà tale.
Hitler si trova nella situazione di poter “schiacciare” il nemico oramai prigioniero nella sua stessa isola utilizzando l’aviazione tedesca che ha già avuto modo di dimostrare la propria forza e la propria potenza.
Bombardare l’Inghilterra per sfiancarla e preparare lo sbarco appare l’azione di guerra più ovvia e così avviene.

Durante il mese di agosto, l’Inghilterra sarà una nazione costantemente in fiamme e gli attacchi della Luftwaffe non risparmieranno nemmeno le città, come la stessa Londra, con molte vittime fra i civili.
Ma proprio questo troppo insistere nel cercare di sfiancare il morale del nemico colpendolo al cuore della sua capitale anziché concentrarsi su obiettivi militari, porterà ad una tale dispersione da parte tedesca di mezzi e di risorse da permettere agli inglesi di non sprofondare militarmente grazie alla continua produzione di armi ed aerei in quantitativi per lo meno pari a quelli distrutti.
La grande forza del popolo britannico, che si abituerà a convivere con i bombardamenti e quasi a non interrompere le attività quotidiane anche durante gli stessi, il carisma del primo ministro Winston Churchill, spesso in prima persona tra gente e le rovine dei palazzi colpiti, spingeranno un’intera Nazione a non mollare e a resistere a quella che almeno in questo 1940 appare essere la terribile supremazia tedesca.

In Italia la guerra continua ad essere lontana.
Certo, i bombardamenti incidono sul morale del popolo, ma i giornali riportano con ampia enfasi i trionfi della Germania ed averla come alleata fa sì che una parte delle loro vittorie appaiano come nostre.
Questo però non basta, a fine ostilità, a permetterci di sedere al tavolo dei vincitori avanzando richieste e pretese e, soprattutto, il successo di Hitler rischia di adombrare e sminuire la personalità di Mussolini.
Serve una reale e concreta dimostrazione di forza tale da dimostrare al Fuhrer che la guerra sarà vinta anche grazie alle nostre truppe e al nostro esercito.
Abbiamo già visto in precedenza come il tentativo sulle Alpi di dimostrarlo ai danni dei francesi sia miseramente fallito e quindi ora necessita un avversario se possibile ancora più fragile e debole.
Vittime designata appare così la Grecia.

Nella realtà la Grecia non è nostra nemica, anzi, il re Giorgio II ha affidato il governo al dittatore Giovanni Metaxas, filo fascista al punto di aver mutuato il saluto romano e l’opera nazionale Balilla, ma qualcosa bisogna pur attaccare e conquistare.
La scusa è la mai dimostrata ipotesi di colpo di Stato che alcuni corrotti affaristi politici di secondo piano starebbero organizzando per spingere la Grecia verso l’Inghilterra.
Così lunedì 28 ottobre 1940, alle 2,30 del mattino Grazzi, nostro ministro ad Atene, sveglia Metaxas per consegnargli l’ultimatum italiano.
La Grecia è accusata di violare la neutralità e si chiede quindi di occupare sino alla fine delle ostilità alcuni punti strategici del territorio greco.
Gli ellenici hanno tempo fino alle 6 (poco più di tre ore!) per accettare le richieste o sarà invasa.

Metaxas, semi addormentato, non sa cosa rispondere: mancherebbe il tempo di avvertire il re ed il consiglio dei ministri entro le sei “e poi” chiede “quali sono i punti strategici che l’Italia vorrebbe occupare?”.
Grazzi non sa cosa rispondere ed il suo imbarazzo evidenzia l’unica strada percorribile: “allora è la guerra” dirà Metaxas da tempo malato e che morirà di lì a pochi mesi.
Tre ore dopo inizia l’avanzata delle truppe italiane e già la sera stessa una telefonata arrivata a Roma dal fronte dirà “tutto procede secondo i piani prestabiliti”.

L’entusiasmo durerà molto poco e di lì a pochissimo giorni, il primo novembre, la nostra penetrazione nel territorio greco verrà frenata dalle truppe guidate dal generale Papagos che, a sorpresa, passerà dalla semplice posizione di difesa dando così il via a quella che presto avrà tutta l’aria di una nostra ritirata.
Ai primi di dicembre la nostra invasione della Grecia si è già trasformata in un’invasione greca dell’Albania non riuscendo i nostri uomini a difendere nemmeno i confini.



Servono capri espiatori per giustificare la disfatta.
A pagare per tutti sarà il Capo di Stato Maggiore Generale Pietro Badoglio sostituito da Ugo Cavallero.
La battaglia presto si trasformerà in una guerra di trincea come se si fosse tornati alla prima guerra mondiale con le truppe in posizione di stallo, una di fronte all’altra.
Basterebbe chiedere l’aiuto tedesco.
La Germania si era dimostrata da subito contraria all’azione militare dell’Italia nei confronti della Grecia ritenendo che ciò avrebbe portato ad aprire un nuovo fronte “distraendo” le truppe dalle battaglie in corso, ma abbiamo detto sopra come lo scopo di ciò era dimostrare al mondo la nostra forza e la nostra “attiva partecipazione” alla vittoria.
Dire che tutto si risolverà in un vero e proprio boomerang ai danni dell’immagine italiana e della sua credibilità agli occhi di Hitler appare evidente.
Potremmo provare a consolarci occupandoci della marina militare ritenuta alla vigilia del conflitto una delle più forti in assoluto, ma le buone notizie tardano ad arrivare anche da lì.

Nel luglio 1940, a Punta Stilo, nel Mare Ionio, si svolge la prima vera battaglia fra le nostre navi e quelle inglesi e l’esito è tragicomico.
Qui si vuole ricordare solo che nel momento topico della battaglia, quando i nostri aerei intervengono in aiuto della nostra flotta in difficoltà, per errate informazioni ricevute l’aviazione compirà ben 23 successivi attacchi prima di accorgersi che le navi bombardate sono le nostre mentre le inglesi si allontanavano indisturbate.

Per il popolo italiano, però, la guerra continua ad essere una “passeggiata” e serve solo un po’ di pazienza prima che finisca con la nostra vittoria.



Questo è il messaggio che arriva attraverso un’informazione manovrata e controllata dal regime fascista.
A puro titolo di esempio ecco come il Bollettino n. 32 dell’11 luglio 1940 redatto dal Quartier Generale delle Forze Armate racconta come si è svolta la battaglia di Punta Stilo:

“La battaglia aero-navale combattuta nei giorni 8 e 9 non è ancora definitivamente chiusa La nostra ricognizione marittima ha infatti avvistato, nella mattinata di ieri, una formazione navale nemica composta di due navi di battaglia, di una portaerei e di naviglio minore, aggiratesi nella zona di Malta e che, successivamente, scortando cinque grossi piroscafi carichi, si dirigeva verso levante. Chiamati dagli aerei di ricognizione, aerei delle nostre formazioni da bombardamento immediatamente partivano a ondate successive a brevi intervalli. Per alcune ore la formazione nemica è stata seguita e sottoposta all’azione di queste nostre squadriglie che, trascurando il violentissimo tiro contraereo delle navi nemiche, scendevano sino a poche centinaia di metri per meglio colpire il bersaglio prescelto. Un piroscafo risulta sicuramente affondato; due cacciatorpediniere gravemente colpiti, tanto che uno di essi era costretto a mettere in mare le imbarcazioni di salvataggio. La nave portaerei, colpita da una bomba di grossissimo calibro, si arrestava bruscamente, con incendi a bordo visibili dall’alto, mentre alcune navi correvano al suo soccorso. Quattro dei velivoli da caccia levatisi dalla portaerei nemica sono stati abbattuti in fiamme dai nostri bombardieri. Dei nostri apparecchi non hanno fatto ritorno. Nella battaglia del 9 le artiglierie dei nostri incrociatori hanno abbattuto cinque velivoli idrosiluranti e tre velivoli da bombardamento, uno dei quali, ancora carico di bombe, è esploso cadendo in acqua.”