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Sentenza della Cassazione
Niente danni se conosci l'insidia
Da "Il Sole 24 Ore" del 31 Maggio 2010



Nessun risarcimento all'inquilino che cade per le scale del palazzo scivolando sull'acqua piovana entrata da una finestra che tutti sapevano essere difettosa. In questo caso non può essere invocata la responsabilità del proprietario dello stabile dal momento che manca uno degli elementi su cui si basa la richiesta di indennizzo per cose in custodia. Le scale bagnate rappresentano, infatti, un'insidia, ma non è possibile individuare il "trabocchetto" visto che la persona infortunata era al corrente dello stato di manutenzione della finestra. A precisarlo la sezione III civile della Cassazione con la sentenza 11592/2010 (disponibile anche su www.guidaaldiritto. ilsole24ore.com).

La ricorrente, conduttrice di un appartamento in uno stabile interamente dell'Inail, si era rivolta al tribunale per ottenere il risarcimento dei danni riportati mentre scendeva le scale del palazzo, scivolando sull'acqua piovana infiltrata da una finestra del pianerottolo. I giudici hanno respinto la domanda osservando che la ricorrente non aveva fornito la prova del «nesso eziologico» tra cosa in custodia e caduta.

La donna ha quindi proposto appello contestando le conclusioni del tribunale. Ma anche i giudici di secondo grado hanno respinto la domanda affermando che in materia di responsabilità per insidia sono richieste due condizioni. Una di carattere oggettivo rappresentata da uno stato di fatto in sé occulto e pericoloso e l'altra di natura soggettiva e psicologica costituita dall'impossibilità, per una persona dotata di normali capacità di discernimento e di prudenza, di rendersi conto e di prevedere la situazione. Nel caso in esame, ha proseguito il collegio di appello, pur essendo riscontrabile l'insidia, rappresentata da una chiazza di acqua sulla rampa delle scale, non altrettanto può dirsi circa l'asserita imprevedibilità della situazione.

La donna, quindi, ha presentato ricorso in Cassazione. Di fronte ai giudici di legittimità l'infortunata ha affermato che sul custode gravano tutti i rischi derivanti dalla detenzione della cosa, anche se non pericolosa di per sé, e quindi senza che occorra la dimostrazione da parte del danneggiato dell'insidiosità della cosa stessa. In pratica, per individuare la responsabilità del custode, sarebbe sufficiente una relazione tra la cosa e l'evento dannoso nonché l'esistenza di un effettivo potere fisico su di essa da parte del proprietario del bene.

I giudici di legittimità hanno affermato che la responsabilità per le cose in custodia «sussiste essenzialmente sulla base di due presupposti». È necessario che vengano riscontrate un'alterazione della cosa, che per le sue caratteristiche configuri un'insidia o trabocchetto per il malcapitato, e l'imprevedibilità e invisibilità di tale situazione di pericolo. Nel caso in esame, però, hanno concluso i giudici, l'evento era prevedibile, essendosi verificato in un condominio e coinvolgendo un'inquilina «abitante nello stesso da anni, e, pertanto, a conoscenza di tutte le caratteristiche dell'immobile, tra cui la possibilità per l'acqua piovana di entrare nel palazzo con grande facilità».

Così la Cassazione conferma la linea già espressa nella sentenza 2075/2002 che aveva respinto il ricorso di una persona infortunata per la caduta da una scala mobile. L'interessato, infatti, in quella circostanza, aveva affermato, ma non era riuscito a provare, che la caduta era dovuta alla presenza di sostanza oleosa sui gradini.


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